Letture 2014 | |
Le porte del sogno |
GEZA ROHEIM Le porte del sogno 1 Il ventre materno
L’ipotesi del sonno come temporaneo ritorno nel ventre materno e quella dell’esistenza di un sogno tipico, di un «prototipo » di sogno, del cosiddetto « sogno fondamentale » (in cui il sognatore raffigura se stesso « fallicizzato », cioè trasformato simbolicamente in un pene, nell’atto di penetrare in una rappresentazione egualmente simbolica dell’utero), l’ipotesi, vale a dire, del sogno come regressione alla madre e, insieme, come coito con la stessa, sono le fondamenta su cui Roheim, il maggior esponente dell’antropologia psicoanalitica, innalza il suo edificio teorico volto a dimostrare che alla base della «cultura» (in senso antropologico), di ogni cultura, sta il tenace legame del figlio con la propria madre: un rapporto di dipendenza che, biologicamente determinato dalla prolungata infanzia dell’essere umano, ne condiziona l’intera esistenza e in qualche modo gli sottrae sempre il raggiungimento della piena maturità. Sostenitore convinto dell’origine onirica dei miti (da lui colti allo stato nascente fra gli aborigeni australiani), delle favole, di molte credenze popolari, delle manifestazioni religiose primitive (animismo), dei riti magici, ecc., Roheim compie qui un larghissimo giro d’orizzonte per “dimostrare che anch’essi, al pari dei sogni costituiscono altrettante raffigurazioni simboliche e altrettanti tentativi di rientrare nel ventre materno”. All’originalità della tesi di fondo, che sposta decisamente l’antropologia psicoanalitica dal piano « paterno » del Freud di Totem e tabù a quello «materno », si accompagna la scrittura distesa, documentatissima e spesso affascinante dell’ultimo Roheim (Le porte del sogno è la sua opera conclusiva e vorremmo dire definitiva), che mette a disposizione del lettore i risultati di trent’anni di ricerche « sul campo », oltre ad un imponente materiale etnologico e folklorico: è un «lungo viaggio» nei cinque continenti attraverso i miti (da quelli mesopotamici ed egiziani a quelli « classici » greci e romani, a quelli eschimesi ed australiani), le tradizioni popolari, le fiabe, le leggende, i cerimoniali religiosi, tutte le elaborazioni fantastiche — insomma — fatte dall’uomo per attenuare la paura e l’angoscia della separazione dalla madre.
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